Sono 23 mila i minori in comunità, in maggioranza italiani e tra i 14 e i 17 anni di età: i dati 2018-2020 raccolti dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza in collaborazione con le procure minorili e pubblicati nel volume “La tutela dei minorenni in comunità” inquadrano, dal punto di vista quantitativo, il fenomeno dell’ allontanamento di minori dalla propria famiglia e loro accoglienza in strutture esterne.
Tra i dati più importanti, se comparati con quelli del triennio precedente, figurano i motivi dell’inserimento in comunità. Come sottolinea la ricerca, “Il 78% dei bambini e dei ragazzi presenti nelle strutture a fine 2020, secondo i dati forniti da 18 procure su 29, è risultato esservi stato collocato su disposizione dell’Autorità giudiziaria, il 12% per decisione consensuale dei genitori e il 10% per allontanamento d’urgenza ai sensi dell’articolo 403 del codice civile”. Altro dato fondamentale, la permanenza dei minori in comunità, superiore ai 24 mesi riguarda più del 30% degli ospiti.
Ma cosa si cela dietro a numeri, percentuali, confronti e raffronti numerici?
L’analisi, che si si legge in una nota, è di Suor Pina Martella, Presidente dell’Associazione Focolare Maria Regina onlus, impegnata da più di 30 anni ad accogliere, sostenere e accompagnare i minori allontanati dalle famiglie.
“Sono dati importanti sicuramente per scuotere gli animi di chi dovrebbe impegnarsi per garantire migliori servizi e anche per stimolare una presa di coscienza forte in termini di prevenzione primaria, ma per chi come noi lavora in prima linea, sono dati fine a se stessi – afferma la religiosa – I nostri ragazzi e bambini non sono numeri…sono nomi, sono voci, sono sogni e battaglie, sono i “nostri” figli e le “nostre “figlie” che vogliamo riportare alla vita e restituire al mondo. La crisi economica gioca sicuramente un ruolo importante perché potrebbe in qualche modo frenare gli interventi, rallentarli e limitare i servizi di tutela. Per quanto ritenga che, dove si faccia un ottimo lavoro, la comunità possa essere una valida opportunità per il futuro, i ragazzi e i bambini vivono, ovviamente, l’inserimento, con ansia e frustrazione. Spesso vivono la loro situazione come una punizione non meritata e questo pensiero produce sentimenti di rabbia, ansia o pigrizia, rendendo più faticoso partecipare alle attività proposte E poi interviene la professionalità di chi vive questa esperienza con loro, gli educatori si prendono cura di loro, sciolgono il groviglio di rabbia, calmano le frustrazioni, offrono speranza. Ho visto molti ragazzi entrare scoraggiati, delusi e arrabbiati, cambiare durante il percorso. Fare esperienza di successo scolastico, amicizie ed interessi, ha fatto tornare loro il sorriso e la voglia di fare. Sono spaventati dall’incertezza che poi in realtà sono cosi bravi a destreggiarsi, anche più di noi. Basti pensare che, soprattutto i più grandi, sono in continua attesa di decreti, che parleranno di loro, della loro famiglia, di un affidamento o adozione, insomma del loro fu. Decreti, autorizzazioni, convocazioni che si fanno attendere a lungo, addirittura per anni . Per parlare delle loro speranze devo pensare sempre, ai più grandi, agli adolescenti, che sperano, fondamentalmente, di trovare un posto nel mondo, di realizzarsi e anche di avere accanto persone valide“.
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