L’innovazione è una dimensione considerata rilevante nei processi di sviluppo del non profit italiano e il Terzo settore sta vivendo una fase di transizione, in cui il distacco dai modelli del passato è già avvenuto ma l’approdo a nuovi modelli operativi è ancora da completare.
Queste le principali evidenze emerse dalla ricerca “La domanda di innovazione del Terzo settore”, condotta online da Fondazione Italia Sociale, Deloitte Private e TechSoup Italia su circa 180 soggetti del Terzo settore. Il report è stato presentato durante un webinar a cui hanno partecipato, fra gli altri, Giovanni Fosti, Presidente di Fondazione Cariplo; Andrea Pontremoli, Amministratore Delegato e Socio di Dallara Automobili; Mario Calderini, Professore del Politecnico di Milano e Claudia Fiaschi, Portavoce del Forum nazionale Terzo settore.
“Il significato di questo rapporto, che non per nulla nasce da un progetto di collaborazione tra soggetti tra loro diversi come Fondazione Italia Sociale, Deloitte Private e TechSoup Italia, sta nell’esigenza di riflettere sull’importante transizione che il Terzo settore italiano vive in questo momento: il distacco dai modelli del passato è già avvenuto ma l’approdo a nuovi modelli operativi è ancora da completare, così come l’istituzione di un concreto approccio al lavoro in rete, ad una reale contaminazione con il mondo dell’impresa, dell’accademia e il pubblico. Una transizione che può fornire ottimi spunti per elaborare un piano di sviluppo strategico. Le occasioni d’altronde non mancano: dall’utilizzo delle risorse previste dai fondi di Next Generation EU, alla prossima programmazione europea 2021-2027 relativa ai fondi strutturali di coesione, e fino agli indirizzi che la Commissione europea si accinge a definire entro la fine del 2021 riguardo al Piano d’azione europeo per l’economia sociale”, commenta il Segretario Generale di Fondazione Italia Sociale, Gianluca Salvatori.
“La consapevolezza acquisita da imprenditori, investitori di avere una responsabilità diretta nel contribuire all’accrescimento del benessere dei propri dipendenti e della collettività del territorio in cui operano, acuitasi durante la crisi pandemica che ha riportato al centro delle strategie del profit la responsabilità sociale ed il civismo, possono consentire al non profit di contaminarsi di competenze, soluzioni strategiche ed organizzative che contribuiranno a sviluppare innovazione del loro modo di agire e di incidere sull’ecosistema”, aggiunge Ernesto Lanzillo – Deloitte Private Leader in Italia.
“Il report, nato dalla sinergia virtuosa tra realtà attente e coinvolte nel Terzo Settore, ci restituisce la plastica constatazione che la trasformazione digitale non sia più meramente un’opzione quanto la dimensione strategica entro cui si gioca il futuro delle nostre organizzazioni Non Profit. Una fase di transizione quindi, il cui percorso tocca e sfida gli attuali modelli operativi, di governance e di leadership. Come impresa sociale continueremo a monitorare e supportare la risposta del Terzo Settore a questa sfida, convinti che il percorso di trasformazione digitale sia nutrito dal continuo dialogo e confronto sistematico tra la realtà Non Profit e una comunità di apprendimento inter-organizzativa, fatta anche da voci esperte, che sostenga e nutra la maturità digitale delle organizzazioni Non Profit e dei propri collaboratori”, conclude Fabio Fraticelli, direttore operativo di TechSoup.
Dalla ricerca emerge come il 96% delle organizzazioni non profit intervistate ha una forte esigenza di innovare, con oltre il 70% che dichiara di investire in innovazione sia in ottica di miglioramento della propria offerta di prodotti e servizi, sia per quanto concerne l’ottimizzazione dei processi. In entrambi i casi, l’approccio è incrementale piuttosto che radicale, si tende quindi a migliorare o adattare l’offerta già esistente rispetto all’introduzione di servizi, prodotti o processi completamente nuovi.
Tuttavia, sebbene la maggior parte degli enti (73%) ha dichiarato di aver implementato almeno un’iniziativa altamente innovativa negli ultimi 5 anni, più del 60% conferma di continuare a incontrare difficoltà nel promuovere l’innovazione. Le resistenze sono sia endogene sia esogene: all’interno da parte di dipendenti, collaboratori e volontari, all’esterno il freno principale rimane la Pubblica amministrazione. A questi ostacoli si aggiunge però un limite nelle governance e negli organi direttivi: la maggior parte degli enti fatica ad adottare strategie e strumenti operativi per dare esecuzione ad un piano di innovazione e solo il 21% ha definito una strategia di medio-lungo termine con obiettivi dichiarati e misurabili.
Gli ostacoli principali affinché l’innovazione possa divenire una priorità strategica ed operativa rimangono le limitate risorse umane e finanziare che gli enti del Terzo settore possono allocarvi. Per le organizzazioni che non investono in innovazione, le motivazioni principali sono l’indisponibilità di risorse economico-finanziario (64%) a cui si aggiunge la mancanza di personale sufficientemente formato o con competenze specifiche (34%)”. Le stesse dinamiche riguardano i processi di digitalizzazione: le organizzazioni si considerano inclini alle nuove tecnologie, ma, a lato pratico, per quasi la metà del campione le competenze digitali del personale sono basse. Per quanto l’emergenza Covid abbia accelerato i processi di innovazione tecnologica, resta cruciale che ai fini di una reale trasformazione digitale, questa dimensione dell’innovazione, tecnologica e digitale, venga affrontata in termini più strategici e, ancora una volta, sistemici.
Per favorire lo sviluppo dell’innovazione, le organizzazioni vedono nel confronto e nel lavoro in rete una spinta fondamentale, ma per farlo è necessario sia un sostegno concreto delle Istituzioni, sia un cambio di passo degli enti di Terzo settore. Le aree su cui intervenire sono molteplici: dalla professionalizzazione delle risorse umane, alla capacità di condividere al proprio interno strategie e processi decisionali, dalla disponibilità a misurare gli impatti generati fino all’apertura a una reale contaminazione con realtà e ambienti differenti dal proprio.
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